18.1.21

“E’ normale per voi, o Kalama, di dubitare e di essere incerti; l’incertezza si è alzata in voi a proposito di ciò che è dubbio. Andate, Kalama. Non vi fidate di ciò che è stato acquisito per averlo sentito in modo ripetuto; né a causa della tradizione; né a causa della voce; né per il fatto che ciò si trova in una scrittura; né a causa di una supposizione; né a causa di un assioma; né a causa di un ragionamento speciale; né di un partito preso in favore di una nozione alla quale si è potuto riflettere; né a causa dell’apparente abilità di qualcun altro; né a causa della considerazione ‘Il monaco è il nostro maestro’. O Kalama, quando sapete da voi stessi: ‘Queste cose sono cattive; queste cose sono biasimevoli; queste cose sono condannate dai saggi; se le si intraprendono e se le si osservano, queste cose conducono al danno ed alla disgrazia’, abbandonatele.”

 

Così inizia il Kalamasutta . Kesaputta, una città indiana in cui convergevano religiosi e guru di ogni tradizione a raccontare la propria verità. Abitanti, i kalama, incerti sulla credenza da abbracciare. Le risposte di Gautama buddha : “siate maestri a voi stessi”. Tutto estremamente semplice e lineare ma non facile, però! Come vedremo.

 

Se esaminiamo con un po’ di attenzione questa esortazione possiamo dire che certo anche il Buddha esprime una propria verità ma è una verità che  ribalta sull’interlocutore la responsabilità di scegliere per sé stesso e di conseguenza anche per gli altri .

Una posizione, lontana dalla predicazione di dogmi e da rivelazioni, che implica esaminare bene ciò che si sta facendo, cioè essere consapevoli e saper scegliere, cioè usare quella facoltà umana che è il libero arbitrio.

 

Ma su quale base esaminare le situazioni e decidere? Lo vedremo più avanti nel sutra e vedremo come lo zen si è differenziato nella sua evoluzione dal buddhismo theravada Per ora ci basta capire che quando scegliamo una pratica quella è la nostra via, la nostra verità ma al tempo stesso dobbiamo rispettare le vie degli altri che per gli altri  godono dello stesso criterio di veridicità della nostra.  E’ proprio su questo che il buddhismo in generale e lo zen in particolare sottolineano la inutilità di fare proselitismo. Anzi ci spinge ad essere capaci di accettare nella loro relatività le nostre convinzioni e non abbarbicarci ad esse per costruire noi stessi. Si potrebbe dire “non fare autoproselitismo”. Non attaccarci alle nostre pratiche. Non pensare di avere risolto una volta per tutte il nostro adattamento alla vita  Non ci sono dogmi o rivelazioni, non ci si avventura sulla strada del metafisico. Gautama ha offerto la sua intuizione nei limiti del conoscibile non dell’inconoscibile avendo come unico obiettivo l’uscita o la riduzione della sofferenza per noi ma anche per tutti i cosiddetti esseri senzienti e di conseguenza per il mondo!  Dunque una proposta senza dogmi, senza rivelazioni ma anche senza attaccamento ad essa stessa! Insomma adottare un criterio mentale pluralista e non esclusivista. Vedete allora che è semplice ma non facile!

 

 

 

 

Pubblicato da zenrinzairoberto

nato a Trieste 12.1.47, residente da 2 anni in Tunisia, pediatra in terapia intensiva neonatale fino al pensionamento, successivamente in missioni all'estero come medico: Zimbabwe, India, Pakistan, Afghanistan. Pratica zen rinzai da 30 anni presso il bukkosan zenshinji di Orvieto, guida spirituale M° Taino già allievo di Yamada Mumon Roshi Qualche annofa, dopo aver terminato il percorso formale (che non finisce mai e forse...mai inizia) ho scelto l'ordinazione monacale. Nonno sei volte. Padre tre volte. Sposato una volta.