Un monaco domandò: ”qual’è la prima enunciazione?”
Il Maestro rispose: “quando si toglie il sigillo dei tre principi essenziali i segni dell’inchiostro rimangono ben impressi. Tra il padrone di casa e il visitatore non ci sono differenze”
commento
Questo nono discorso nel suo complesso affronta, attraverso tre domande, le fasi della vita di un praticante zen dal punto di vista del suo rapporto col mondo.
La prima domanda che trattiamo oggi si riferisce al rapporto tra il maestro e il praticante. I tre principi essenziali sono : studio del Dharma, i precetti, la pratica . Il sigillo di cui si parla si può ben riferire all’Inka-shomei : il riconoscimento dell’avvenuto completamento del periodo di formazione dell’allievo in uso nelle scuole zen.
L’Inka shomei può essere visto su tre diversi piani. Il primo è quello istituzionale: un documento che attesta il raggiungimento della maestria. Il secondo è relazionale e riguarda la capacità del maestro e del praticante di riconoscere ciascuno la propria reciproca autonomia. Il terzo è, diciamo così, più poetico e si può rappresentare come il sorriso di Mahakasyapa, unico tra innumerevoli monaci presenti, capace di cogliere il significato profondo del fiore sollevato da Gautama Buddha: la trasmissione da cuore a cuore al di là delle parole e delle scritture. Il praticante, solo quando ha raggiunto la piena consapevolezza del significato del sigillo è pronto per la fase che affronteremo con la seconda enunciazione. Va detto tuttavia che ciò non va visto come una successione cronologica ma come un insieme di processi interiori che si sviluppano parallelamente l’uno sovrapposto all’altro e che si manifestano secondo necessità per vivere il mondo così come veramente è