Cap 12 linchilu
Riporterò solo alcuni paragrafi del dodicesimo capitolo dei discorsi, suddividendolo in tre volte.
- “Seguaci della Via, per il Dharma del Buddha non è necessario alcuno sforzo. Dovete solo essere uomini ordinari con nulla da fare: defecate, urinate,indossate vesti, consumate cibo e giacete quando siete stanchi. Gli sciocchi ridono di me ma il saggio comprende”.Commento: bisogna pensare che Lin chi si rivolgeva ai monaci del suo tempo. Spesso illetterati entravano nei monasteri per sopravvivere. Dunque il riferimento alle nostre funzioni umane di base, al giorno d’oggi, va reinterpretato in modo estensivo facendo riferimento alle nostre attività attuali. Quindi nella esortazione trasposta nel presente dobbiamo metterci lo studio, le conoscenze tecniche e umane che ci permettono di essere adeguati alla realtà. Non è cioè una esortazione all’ozio e all’ignoranza, piuttosto si deve intendere come la capacità che dobbiamo acquisire di operare “senza ostruzioni” come dice Rinzai. Che significa? Significa non incagliare la nostra mente negli idoli e nei pregiudizi. Come si fa? Come diceva il nostro compianto Hakuun dobbiamo ricordare che lo zen è una pratica per togliere non per aggiungere. Dunque evitare aspettative future, vivere il presente più semplicemente possibile. La pratica dello zen non consiste solo nello stare seduti e respirare. La nostra pratica deve essere la vita stessa
- “Rendetevi padroni di ogni situazione. Anche se su di voi pesano gli influssi delle delusioni passate o il karma proveniente dall’aver commesso i cinque delitti nefandi, questi diverranno spontaneamente l’oceano della emancipazione”.Commento: Qui si tocca un punto delicato per tutti noi. Non è solo il presente o il futuro che condizionano il nostro modo di essere. Il passato, le nostre azioni negative, gli scheletri che abbiamo nell’armadio agiscono su di noi con forza anche maggiore. La risposta occidentale alle azioni “cattive” si è strutturata in generale nei termini della autorepressione e della costrizione. Lo zen propone un’altra strada, quella che in termini un po’ cristiani chiamiamo strada del perdono. Perdono a noi stessi, inteso però come la capacità di accettare il karma che abbiamo prodotto assumendoci tutta la responsabilità del nocumento provocato, sapendo che ogni nostra azione negativa ha generato come un marchio effetti eterni e che solo l’atto puro di cui tutti comunque siamo capaci potrà bilanciarlo . Sarà un passo in più verso la liberazione