Teisho di settembre e ottobre 2014

ZEN E ILLUMINAZIONE IMPROVVISA

lo zen è la via dell’illuminazione improvvisa
Huineng,nostro sesto patriarca, ebbe il satori sentendo recitare il sutra del diamante
situazioni che portano al limite fisico e psichico possono aiutare
Le sesshin,gli incontri di meditazione, non a caso prevedono periodi di sonno brevi
L’attesa fuori dal monastero per essere ammessi poteva durare giorni interi
E cosa dire del braccio tagliato dalla chiusura della porta all’allievo che voleva farsi ammettere al monastero
o del dito tagliato all’allievo da Gutei.
Miti e leggende che servono a chiarire all’apprendista che la via del Satori richiede grandi motivazioni.
I koan aiuteranno poi a portare il satori nella quotidianità.
Ma comportamentalmente la via per vivere “senza verità” è la via di mezzo
l’ottuplice sentiero la delucida bene. In futuro quest’anno la commenteremo!
Intanto cerchiamo di attenerci ad essa.

2 ottobre 14

La semplicità: tutti si complicano la vita
,Il KOZEN DAITO KOKUSHI YUIKAI esemplifica bene un modo parco di vivere, fisicamente.
Ma la semplicità va praticata anche a livello di elaborazione mentale!
Il buddismo è la pratica del togliere gli orpelli del nostro pensiero, non dell’aggiungere e complicare.
In questo la risposta ai koan è un buon esercizio per portare il satori con la sua immediatezza nella vita quotidiana

9 ottobre 14

Sempre nel Kozen Daito c’è una parte, quella degli spiriti del male e un’altra quella del vecchio che concentrato cucina radici di erbe selvatiche.
La prima è espressione di credo religioso antico e popolare, è la rappresentazione di una religiosità costituita che si difende usando il bene e il male
La seconda è quella che condividiamo ed è la pratica di vivere nella natura di buddha.
Anche il buddhismo come tale si è sviluppato a partire da una religiosità antica, quella induista, e si è man mano affrancato dai lacci della superstizione passando in cina vicino al taoismo e istituzionalizzandosi poi nella forma dello zen che conosciamo in Giappone.
La nostra scuola ,pur legata ad un lignaggio preciso e ad una tradizione ha fatto un ulteriore passo avanti verso l’universalizzazione, deorientalizzandosi e non ponendosi come obiettivo la propria istituzionalizzazione. Su questa base noi pratichiamo e insegniamo, convinti che il nostro compito sia accompagnare i praticanti verso il satori, piuttosto che costruire riti e adorazioni

16 ottobre 14

OPERE D’ARTE

Spesso abbiamo detto che silenzio e vuoto sono il terreno retrostante il satori.
Tuttavia anche certe manifestazioni del relativo hanno la stessa capacità di unirci nell’assoluto.
Le opere d’arte, siano musica pittura o architettura fanno parte di questa categoria.
Possono considerarsi irruzioni dell’assoluto e per questo ci fanno sentire in uno con esse.
E’ quello che si dice il “kensho” che non è l’illuminazione ma ne è una traccia, così come nei 10 tori sono tracce quelle che portano il pastore al suo bue.
Come buddhisti cosa dire? Che anche delle nostre vite dobbiamo fare delle opere d’arte. Non future o passate ma esattamente in questo momento, qui ed ora essere opera d’arte.
Allora cammineremo liberi e impeccabili nel mondo!

23 ottobre 14

Le verità

-si dice che lo zen e il buddismo siano relativisti
-si dice che “veneriamo” un assoluto senza progettualità e senza verità
-si dice che siamo senzadio

Non si tiene conto, in queste critiche, del terreno entro cui il buddismo si autolimita.
Che è il vissuto di ognuno di noi, quello concreto qui ed ora.
Al di fuori di questi limiti ognuno può immaginarsi ciò che gli pare ma la nostra pratica si occupa del fisico non del metafisico

E in ogni caso anche nell’ambito del nostro vissuto progettualità e verità esistono anche per noi.
Sono i progetti e le verità che derivano dalle nostre scelte quotidiane.
Esse quindi non sono solo relative ma anche assolute.
Per questo dobbiamo stare attenti e concentrati. Ogni nostro errore è un errore del relativo ma anche dell’assoluto!

30 ottobre 14

le quattro nobili verità

-recitiamo la prajna paramita dentro cui c’è il riferimento alla non esistenza delle 4 verità
esse sono: sofferenza, causa della sofferenza, distruzione della sofferenza, ottuplice sentiero.
Per capire il perchè della negazione dobbiamo tornare alla storia del buddismo.
Come sappiamo Siddharta citò la sofferenza come causa prima del malessere umano, identificò negli attaccamenti (dovuti all’ignoranza) la causa della sofferenza, spiegò la possibilità di distruggere questa sofferenza, espresse nell’ottuplice sentiero la “via di mezzo” che avrebbe portato al suo superamento .
E’ la via graduale all’illuminazione
Dopo 800 anni Bodhidarma portò queste idee in Cina, dove il buddhismo entrò in contatto con il taoismo.
Con Huineng, nostro sesto patriarca maturò la scintilla che avrebbe trasformato il buddhismo gradualistico nel chan della illuminazione improvvisa.
Ebbe il satori da ragazzino analfabeta sentendo un artigiano che recitava il sutra del diamante!
Con il che cambiò la sua vita e diciamo anche le nostre!
La scoperta della nosta natura originale, assoluta, essere del mondo senza alcuno strumento conoscitivo!
Alla luce di questo come interpretare l’ottuplice sentiero e la sua negazione?
Praticare la via di mezzo è certo sempre utile ma può diventare una costrizione, una armatura pesante che ci mettiamo addosso se ci sforziamo di seguirla con la volontà e il raziocinio
Al contrario diventa spontanea e libera pratica di vita se si manifesta come corollario della consapevolezza della nostra natura originale!
Dunque due strade apparentemente distanti? Capiamo meglio.
Possiamo paragonarle alle nostre attività durante lo zazen: si fa zazen e mentre respiriamo rettamente concentrati siamo completamente liberi ma al tempo stesso come suona l’inkin ecco che all’unisono ci inchiniamo e ci alziamo per fare kin-in, significa forse per questo che all’improvviso da liberi ci trasformiamo in schiavi? Esattamente il contrario: significa che siamo capaci di passare liberamente dall’assoluto al relativo e viceversa, consapevoli che l’uno e l’altro sono la stessa cosa!!

Alla luce di tutto ciò commenteremo dalla prossima volta la via di mezzo

13.11.14
il perdono
-durante l’incontro con un gruppo di dialogo interreligioso mi è stato chiesto come vediamo il perdono

-nel buddismo in assoluto il perdono non c’è perchè esso prevede una persona che chiede il perdono e una che perdona : dualità non compatibile con la nostra visione dell’unità

a livello di perdono di Dio o dei peccati, a noi mancano sia l’uno che gli altri.
Nel buddismo non si concepisce né un dio trascendente nei cui confronti siamo tutti peccatori, né dei peccati intesi come “fare il male”,poichè i comportamenti sono ricondotti alla quantità di attaccamento.
D’altronde chiedere perdono dopo aver compiuto una azione sbagliata nei confronti di qualcuno è un ulteriore ricatto : “se non mi perdoni sei cattivo”
ed è un ricatto anche pretendere che qualcuno chieda perdono :”una specie di vendetta a posteriori!”
come buddhisti cosa dire? Che per noi non c’è un io ferito
se subiamo un torto l’atteggiamento è quello di lasciar andare, senza rancore
prendendo atto che siamo tutti sottoposti a questa eterna catena di cause ed effetti
se, senza o con intenzione, il torto lo facciamo, prenderne atto e partecipare a chi l’ha subito che cercheremo di evitare in futuro, assumendoci tutte le responsabilità delle conseguenze!

Pubblicato da zenrinzairoberto

nato a Trieste 12.1.47, residente da 2 anni in Tunisia, pediatra in terapia intensiva neonatale fino al pensionamento, successivamente in missioni all'estero come medico: Zimbabwe, India, Pakistan, Afghanistan. Pratica zen rinzai da 30 anni presso il bukkosan zenshinji di Orvieto, guida spirituale M° Taino già allievo di Yamada Mumon Roshi Qualche annofa, dopo aver terminato il percorso formale (che non finisce mai e forse...mai inizia) ho scelto l'ordinazione monacale. Nonno sei volte. Padre tre volte. Sposato una volta.